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            Daniela Veronese


L'INQUIETANTE E STRUGGENTE UNIVERSO PITTORICO DI DANIELA VERONESE

E' un realismo "scomodo" quello che contraddistingue i dipinti di Daniela Veronese. Si direbbe che il suo pennello voglia (o sappia) scrutare oltre lo specchio dei volti e dei corpi, sino a riprodurre ogni graffio dell'anima. E' un risultato oltremodo bello e inquietante quel che raggiunge l'artista: un lirismo struggente e feroce nei colori, nelle pose, languide o, pur nell'apparente immobilità/equilibrio, tormentate, dei modelli sezionati nel profondo e ricomposti - superfici baluginanti d'assoluto - personalità famose che siano o gente comune, creazioni o ri-creazioni. Le figure si stagliano con una nettezza che fa quasi male balzando da fondali d'allucinata forza e colore, e piovono luci di maledizione e nostalgia nel cuore, nelle strade infinite della mente. Impossibile procedere con l'opera di Daniela a qualsivoglia etichettatura o catalogazione, tanto essa è mirabile e spiazzante, antidoto e accusa, sublime e sferzante. Domande mute, irrisolte; congerie di dubbi; tempesta d'interrogativi; risposte in turbinio. Non esistono rassicurazioni - torbide aureole, aree di peccato e riscatto - nell'interpretazione e rappresentazione, per opera della pittrice cesanese, del vero psicologico più carsico. Ma la forma è un'ancora di salvezza e l'ansia estetica sa compiere anche il miracolo di un'estatica, seppur accesa, meditazione. Chi è la donna con il turbante arancione - da quale fantasia sorge? - o la donna magra con mezzo volto perduto nell'ombra, le spalle nude sul rosso fondale-orizzonte o colei in abbandono? Maghe, lolite, maternità, Olimpie vestite, lettrici di tutto e di nulla, mogli, amanti: trionfo della femminilità ancestrale, schegge brillanti di divino, in ogni sua suggestione. Colori di silenzio. Un silenzio che grida. Se la tecnica è ricercata, raffinata, elaborata, non è mai, tuttavia, fine a se stessa. Del resto la curiosità di Daniela per ogni strumento espressivo o superficie che raccolga il colore è onnivora: olio, pastello, fondali, scenografie. Niente sfugge alla furia creativa. Anche quando riprende, per rifarle, le opere dei Grandi Maestri della pittura di tutti i secoli - da Rembrandt a Leonardo da Vinci (vedi la Dama con l'ermellino), da Veermer al macchiaiolo Fattori - c'è un tocco di sensibilità quasi arcano rispetto a quel che un modesto amanuense o copista della tela saprebbe fare. E' questo un esercizio utile, fra sacro e profano, dissacrazione e ammirazione, nell'anelito alla perfezione formale e al tentativo di nuovi itinerari d'arte. E', in ogni caso, indubbio che il miglior talento di sé Daniela Veronese lo esprima con i suoi ritratti muliebri, sfrontati, voltati, malinconici, aggressivi, nudi mentali e carnali, erotici o virati sull'astrazione, conturbanti, soavi, crudeli, lampo di forza primigenia di cui pensi, una volta conosciuti, che non potrai più farne a meno, mai.

ALBERTO FIGLIOLIA

 

 
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